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Intervista a Giulia

Giulia, potresti raccontarci come e quando hai scoperto la tua passione per l'infermieristica

La mia passione per questa professione è nata dopo le superiori quando ho iniziato a lavorare per alcuni mesi all’Asl. Passavo molto tempo nei reparti e con le persone ricoverate e questo mi ha portato a continuare a farlo ma in modo diverso.

Hai menzionato che la tua esperienza lavorativa in un ASL è stata fondamentale per la tua crescita personale e professionale. Potresti descrivere un momento particolare di quell'esperienza che ha avuto un impatto significativo su di te?

Non ce n'è stato uno in particolare, ma tanti messi assieme. Forse se ne dovessi scegliere uno, prenderei in considerazione un momento passato con una persona ricoverata in particolare.

Nessuno andava mai a trovarla, lei stava sempre sola e piangeva, così io tendevo a passare più momenti possibili con lei per tenerle compagnia anche se poi venivo sgridata perché svolgevo compiti che non mi erano concessi.

Magari la riportavo in stanza quando lei me lo chiedeva, andavo a consolarla quando piangeva perché si sentiva sola, oppure l'aiutavo a mangiare quando non si sentiva di farlo.

Piano piano ha ritrovato qualcosa di me che le mancava forse, si è affezionata a me, mi ha regalato degli orecchini che poi abbiamo smezzato per aver una metà ciascuno così da farle capire che non era sola.

Mi ha lasciato il numero e ci siamo sentite tutte le volte che aveva bisogno di qualcuno dopo che avevo smesso di lavorare lí per iniziare l'università. Per alcuni può sembrare sbagliato questo comportamento ma io preferisco così.

Molti direbbero che non ci si deve affezionate ai pazienti però non c'è nessuna regola che impedisca di farlo, preferisco affezionarmi e dare qualcosa a tutte le persone che incontro perché vederli felici per qualcosa che ho fatto io verso di loro dá allo stesso tempo qualcosa a me e mi gratifica a livello lavorativo e personale.

Come riesci a mantenere il tuo elevato livello di empatia in un ambiente spesso stressante come quello sanitario?

Io penso che l'empatia sia una cosa innata, non la si può sviluppare nel tempo, per questo motivo se è una caratteristica che hai non la puoi perdere tramite situazioni stressanti. Penso sia il contrario piuttosto, quando sei in situazioni stressanti le persone che ti circondano ti aiutano ad alleviare e l'empatia che provi, in situazioni belle o brutte, ti fa concentrare più sui sentimenti che sullo stress lavorativo.

Sei all'inizio di una nuova fase della tua carriera in una clinica privata. Quali aspettative e obiettivi hai per questo nuovo capitolo professionale?

Per prima cosa l’obiettivo è quello di crescere professionalmente e di fare più esperienza possibile impararando piú cose possibili e di prendere e apprendere tutto ciò che questo posto ha da darmi.

Come si è potuto constatare, soprattutto in un precedente tirocinio in Oncologia, il mio punto di forza e sicurezza è la parte empatica. Penso di essere adatta per questo tipo di pazienti e loro hanno bisogno di più persone come me. Mi piace stare vicino alle persone con più difficoltà e forse è proprio la mia parte empatica che è attratta da questo.

Lavorando in un ambiente che è sia emotivamente gratificante che sfidante, come trovi l'equilibrio tra il prendersi cura degli altri e il prendersi cura di te stessa?

Non so se è una cosa facile da capire, ma quando dico che è tutto un dare e avere nel mio rapporto con i pazienti questo va a dare equilibrio. Facciamo degli esempi, oggi sto male per cose personali, loro ringraziandomi e facendomi complimenti vanno a rimpire le parti che si sono svuotate in ambito personale. Oggi sono stressata perché in reparto c’è il caos più totale? Loro mi sorridono, mi ringraziano e mi dedicano parole dolcissime che alleggeriscono il peso che porto.

Poi arriva la parte difficile, oggi va tutto per il verso sbagliato per te e loro sono tristi, piangono ma scelgono te e ti prendono la mano come segno di conforto perché tu ci sei sempre per loro e si sono sentiti protetti e coccolati da te e questo ti allevia tutto di nuovo. Io sono quel tipo di persona che si porta tutto a casa, per molti è sbagliato, ma io preferisco così, io piango per loro, sono felice per loro e ci sono per loro e quando io sono vuota loro mi riempiono, è sempre un circolo infinito. Quindi io mi prendo cura degli altri loro aiutano me.

Quali consigli daresti a qualcuno che sta considerando l'infermieristica come carriera, soprattutto in termini di sviluppare e mantenere l'empatia nei confronti dei pazienti?

Gli direi che è un percorso lungo e difficile ma pieno di gratificazioni. Di non ascoltare nessuno perché nessuno può dirti cos'è giusto sentire e non. Gli consiglierei di non vedere mai il bicchiere mezzo vuoto ma sempre mezzo pieno perché è tutto più bello. Ma cosa più importante, anche se non esattamente quello che una persona vorrebbe sentirsi dire, è di non iniziare infermieristica se non è una persona ematica perché non farebbe per lei. Ci vuole pazienza e amore, non bisogna urlare addosso ai pazienti e trattarli male o rispondergli male solo perché sei stanco e stufo, perché non lo considererei umano e nemmeno un professionale, quindi consiglierei di prendere questa decisione con molta cura.

Come vedi evolversi il ruolo dell'infermiere nel futuro, soprattutto alla luce delle tue esperienze e delle tue aspirazioni personali nel campo?

Non saprei rispondere a questa domanda, ma spero solo che in futuro, a questo bellissimo ruolo , gli venga data la riconoscenza che gli spetta e che merita senza sottovalutarlo e sminuirlo.

Silvia Team Virtus
Author: Silvia Team Virtus

Copywriter e web content editor dal 2016. Mi occupo della gestione e realizzazione di contenuti per il web, blog e magazine cartacei. Scrivo principalmente di marketing, comunicazione aziendale, economia e finanza, benessere e salute. Laureanda in Strategie della comunicazione pubblica e politica, ho una passione per i libri gialli, i manga e naturalmente per la scrittura!

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